Il numero di persone che ogni anno iniziano a correre è infatti in forte aumento secondo i più recenti dati statistici a livello nazionale e internazionale. Secondo il rapporto Istat 2017 in Italia il numero di persone praticanti atletica o un’altra forma di corsa o jogging, anche non strutturata o in autonomia, è cresciuto di oltre il 50% nel decennio 2006-2016 interessando circa 3 milioni e mezzo di persone e attestandosi al 4 posto come sport più praticato in Italia dopo Fitness, calcio, e sport acquatici. Negli Stati Uniti la stima di praticanti nel 2015 era di 30-34 milioni con un incremento simile al trend Italiano del 10.3% nei due anni precedenti.
Se da un lato questo fenomeno è particolarmente condivisibile per il miglioramento dello stato di salute generale e per la prevenzione delle patologie tipiche della sedentarietà, dall’altro lato espone in particolare i “principianti” della corsa ad un rischio di infortuni da sovraccarico superiore (circa doppio) rispetto al corridore abituale. Cercare di comprendere e prevenire gli infortuni nel corridore alle prime armi è particolarmente importante poiché la motivazione che spinge la gran parte delle persone ad iniziare a correre è prevalentemente legata alla ricerca di un migliore benessere fisico e un eventuale infortunio, che arrivi a compromettere la pratica dell’attività sportiva stessa, può avere inevitabili ripercussioni negative anche a livello psicologico.
La gran parte della letteratura scientifica sul podismo riporta le tipologie di infortunio per la popolazione generale di corridori abituali e per i corridori di elite.
Tuttavia, di recente, diversi studi hanno evidenziato la differenza sia nella frequenza che nella tipologia di infortunio tra il runner abituale, ovvero colui che pratica la corsa con regolarità almeno settimanale, rispetto al runner principiante che ha da poco iniziato a correre (sedentario almeno nei 3 mesi precedenti) o che non corre con regolarità.
Un recente revisione della letteratura ha analizzato l’incidenza degli infortuni nel running. Tra tutti gli articoli analizzati viene riportata un’incidenza che varia da un minimo di 2.5 ad un massimo di 33.0 infortuni per 1000 h di corsa. Considerando poi le sottopopolazioni in funzione del livello sportivo è stato evidenziato come nei runners principianti l’incidenza sia in media del 17,8 mentre nei runners amatoriali abituali l’incidenza media sia di 7,7 infortuni/1000 h. Un singolo studio ha preso in considerazione l’incidenza degli infortuni in runners esperti ultra-maratoneti con un valore riportato di 7,2 infortuni/1000 h.
Espresso in altri termini secondo quanto riportato da un’altra revisione della letteratura dal 27% fino al 70% dei runners presenta un qualche tipo di infortunio in un dato momento e il 63% ha sofferto durante l’attività della corsa di infortuni agli arti inferiori, con sintomi persistenti oltre i 6 mesi di durata nel 23% della popolazione.
E’ importante tuttavia sottolineare che la definizione di infortunio non è univoca nei lavori in letteratura e che solo un recente “consensus” ha cercato di definire una terminologia comune, per cui si concorda nella definizione di infortunio quando si presenti un dolore muscoloscheletrico correlato alla corsa (allenamento o competizione) che causi una restrizione o sospensione dalla corsa per almeno 7 giorni o 3 allenamenti consecutivi, o che richieda il consulto medico o di altro professionista sanitario.
Per quanto riguarda la tipologia di infortuni si stima che la gran parte degli infortuni avvengano con un meccanismo da sovraccarico, interessando nei 2/3 dei casi il ginocchio o le strutture a valle del ginocchio stesso. Le patologie più frequenti riportate sono la sindrome dolorosa anteriore di ginocchio, la tendinopatia achillea, la sindrome della bandelletta ileotibiale, la fascite plantare, gli infortuni meniscali, la periostite tibiale e le fratture da stress.
Un altro dato interessante riguarda la percentuale di praticanti in termini di sesso maschile e femminile; se negli anni 70’ agli inizi del boom del running come sport a più ampia pratica e diffusione la percentuale di maschi rappresentava il 75% del totale dei praticanti, oggi le statistiche riportano un’elevata quota di partecipanti nel sesso femminile che rappresenta ormai oltre la metà dei praticanti.
Sono dati importanti che devono spingere il professionista nell’ambito sanitario medico sportivo a conoscere meglio ed approfondire le tematiche epidemiologiche, biomeccaniche ed eziopatogenetiche degli infortuni del corridore per poter gestire correttamente lo sportivo che desidera correre. Non è quindi sufficiente prescrivere la restrizione dalla corsa o concederne la ripresa senza prendere in considerazione aspetti correlati alle modalità con cui viene praticata ed al rischio individuale di infortunio. Nei prossimi articoli approfondiremo quindi altri interessanti argomenti come i fattori di rischio, gli aspetti biomeccanici della corsa e la patologia specifica delle più frequenti problematiche del corridore.
1 Gijon-Nogueron G, Fernandez-Villarejo M. Risk factors and protective factors for lower extremity running injuries. J Am Pod 2015
2 Videbaek S et al. Incidence of running-related injuries per 1000H of running in differente types of runners: a systematic review and meta-analysis. Sports Med 2015
3 Gingrich S, Harrast M. Injury prevention in novice runners: an evidence-based approach and literature review. Curr Phys Med Rehabil Rep, 2015.
4 Parma Yamato T et al. A Consensus Definition of Running-Related Injury in Recreational Runners: A Modified Delphi Approach. J Orthop Sports Phys Ther 2015
5 Nigg BM, et al. Running shoes and running injuries: mythbusting and a proposal for two new paradigms: ‘preferred movement path’ and ‘comfort filter’ Br J Sports Med 2015