La corsa e la lombalgia. Due aspetti da molti considerati con un rapporto diretto di causa-effetto per cui è frequente sentir consigliare l’astensione della corsa in soggetti che soffrono o hanno sofferto di lombalgia.
Ma quali sono le evidenze in letteratura e quali effetti può avere la corsa sui dischi intervertebrali?
Da un punto di vista biomeccanico la corsa è un’attività di locomozione molto differente dal cammino poiché tra un passo e l’altro avviene una fase di volo (non presente nel cammino dove un piede è sempre in appoggio) che comporta un incremento delle forze in impatto al terreno quantificabile in circa 1.6 -2.3 volte il peso corporeo in relazione alla velocità della corsa.
Ad ogni passo ci troviamo quindi ad affrontare un carico di lavoro importante, ed è facile intuire come in presenza di una struttura muscolare non adeguata ad ammortizzare tali forze, in particolare per insufficienza dei muscoli antigravitari degli arti inferiori e del rachide, si possano creare situazioni di sovraccarico del sistema muscoloscheletrico che conducono a patologia.
Non a caso infatti una elevata percentuale di soggetti che praticano regolarmente la corsa presenta un qualche tipo di infortunio da sovraccarico durante un anno di attività (stimabile in circa il 50% dei soggetti).
Tra le varie tipologie di infortunio, di cui abbiamo parlato anche in precedenti articoli, gli infortuni a livello lombare rappresentano in realtà una percentuale bassa di circa il 7% del totale, con una prevalenza per la lombalgia cronica in runners amatoriali di circa il 13% (1).
Un interessante studio del 2018 ha analizzato la capacità di ammortizzazione degli impatti a livello lombare durante il cammino e la corsa in funzione del grado di lordosi lombare: i dati dello studio riportano una riduzione delle accelerazioni sagittali a livello lombare misurate con accelerometro fino al 64% durante la corsa nei soggetti che presentavano maggior lordosi lombare rispetto ai soggetti con appiattimento della stessa (2). Soggetti con riduzione della fisiologica curvatura lombare (per esempio un quadro di appiattimento lombare frequente in soggetti con abitudini sedentarie e retrazione degli ischiocrurali) sarebbero quindi più a rischio di sovraccaricare la regione lombosacrale rispetto a chi presenta una corretta postura e fisiologica curvatura del rachide.
Sempre in tema di assorbimento degli impatti al terreno è importante poi sottolineare l’influenza che può avere il modo in cui si corre sulla capacità di ammortizzazione le forze di trasmissione dal terreno alla schiena: soggetti che corrono con ampia falcata-bassa cadenza, con accentuata oscillazione verticale e ridotta flessione di ginocchio al momento dell’impatto al terreno, presenteranno scarsa capacità di assorbire gli impatti con inevitabili ripercussioni in particolare a livello di ginocchia, anche e rachide. Questo è ben evidenziabile durante analisi biomeccanica e baropodometrica della corsa dove si possono quantificare le forze in impatto al terreno e la capacità di ammortizzazione (espressa dalla ripidità dello “slope” della curva di forze al terreno).
Sessioni di “running retraining” con istruzioni mirate per effettuare una corsa più leggera al terreno hanno permesso, secondo alcuni studi, di ridurre le forze verticali e il picco di forza in impatto in appoggio (3).
Inoltre la pratica regolare di esercizi di rinforzo della muscolatura della schiena e degli arti inferiori sembrerebbe permettere un miglioramento clinico e funzionale della lombalgia in soggetti praticanti la corsa e affetti da lombalgia cronica, con miglior efficacia in particolare per gli esercizi di rafforzamento degli arti inferiori (1).
Per studiare gli effetti cronici della pratica della corsa sul rachide lombare un gruppo di ricercatori ha analizzato il livello di idratazione e trofismo dei dischi intevertebrali in soggetti non sportivi ed in soggetti praticanti la corsa da almeno 5 anni con chilometraggi di 20-40 Km/sett e oltre 50 km/sett. I risultati dello studio hanno evidenziato un effetto adattativo dei dischi intervertebrali con maggior idratazione e ipertrofia in particolare nella regione centrale del nucleo nei soggetti praticanti allenamenti di corsa prolungati rispetto a chi correva distanze inferiori o ai sedentari, come evidenziato anche nell’immagine.

Altri lavori tuttavia riportano una riduzione dello spessore dei dischi intervertebrali in particolare degli ultimi livelli lombari subito dopo l’attività della corsa (5 e 6).
Più in generale una revisione della letteratura riguardo agli effetti dell’attività sportiva sui dischi intervertebrali riporta come attività potenzialmente benefiche per i dischi stessi la pratica di esercizio in carico con velocità da lente a moderate, come ad esempio il cammino ed il jogging, mentre attività comportanti movimenti torsionali, in flessione-compressione, carichi rapidi e ad alto impatto risulterebbero dannose per la salute dei dischi intervertebrali.
Un simile effetto negativo si verifica a livello discale come ben noto anche per l’eccessiva riduzione dell’attività fisica generale e per l’inattività (7).
Da quanto esposto risulta quindi comprensibile come in funzione delle caratteristiche individuali la corsa possa rappresentare un rischio di sovraccarico per il rachide in alcuni soggetti, mentre per altri possa essere uno strumento per migliorare lo stato di salute.
Piuttosto che sconsigliare la corsa a priori sarebbe quindi utile indagare, oltre agli aspetti anamnestici e clinico-posturali del paziente, anche la sua modalità di corsa e di controllo del movimento, valutando alcuni semplici test funzionali in ambulatorio (come ad esempio lo squat e il ponte monopodalico) ed osservando quantomeno il soggetto correre (ad esempio tramite video se non si ha a disposizione un tapis roulant o la possibilità di studiare il controllo del movimento e la tecnica di corsa con appositi test biomeccanici).
L’obiettivo dovrebbe essere quello di fornire ai pazienti-sportivi indicazioni personalizzate per esercizi terapeutici (in particolare di stretching, controllo posturale e rafforzamento muscolare) e di eventuale modificazione della modalità-intensità degli allenamenti e della tecnica di corsa al fine di permettere la pratica di un’attività sportiva desiderata e allo stesso tempo di limitare il rischio di sovraccarico.
1 Cai C., Yang Y., Kong PW. Comparison of Lower Limb and Back Exercises for Runners with Chronic Low Back Pain. Med Sci Sports Exerc 2017
2 Castillo ER, Liebermann DE. Shock attenuation in the human lumbar spine during walking and running. J Exp Biol 2018
3 Roper JL et al. The effects of gait retraining in runners with patellofemoral pain: a randomized trial. Clin Biomech 2016
4 Belavy DL et al. Running exercise strengthens the intervertebral disc. Nature, Scientific Reports 2017
5 Dimitrias AT et al. Intervertebral disc changes after 1 h of running: a study on athletes. J Int Med Res 2011
6 Kingsley MI et al. Moderate intensity runnin g causes intervertebral disc compression in youg adults. Med Sci Sports Exerc 2012
7 Belavy DL et al. Can exercise positively influence the intervertebral disc? Sports Med 2016