Karl Kraus diceva: “Una delle malattie più diffuse è la diagnosi.”
A maggior ragione quando un giovane atleta giunge all’attenzione di un sanitario lamentando dolore inguinale la cosa peggiore che si può fare è una diagnosi sui generis come “pubalgia”! In realtà questo termine non esprime neanche una diagnosi ma un sintomo e, come tale, dovrebbe essere considerato prima di indirizzare il paziente ad un generico iter terapeutico. Molto spesso infatti, un’inaccurata diagnosi comporta un inadeguato percorso terapeutico che, a sua volta, può esitare in una problematica disabilitante che costringe l’atleta ad una lunga sospensione dell’attività, se non al suo abbandono
Gli anglosassoni hanno coniato il termine “groin pain syndrome” per definire meglio la complessità di questa coorte di sintomi, caratterizzati da dolore nella zona pubica. Un altro luogo comune diffuso è pensare che questa patologia sia di pertinenza di sportivo di alto profilo. La pubalgia interessa infatti per lo più atleti di livello intermedio. La causa va ricercata nel fatto che questi ultimi spesso non posseggono un livello di condizione atletica sufficientemente adeguato ed altrettanto frequentemente trascurano ogni tipo di programma preventivo, nonostante ciò la richiesta funzionale durante l’attività rimane relativamente elevata, favorendo in tal modo l’insorgenza della patologia. Lo sport dove si assiste alla massima incidenza è il calcio a causa dei tipici movimenti di cambio di lateralità, accelerazione e decelerazione in concerto con il calciare ed il correre su superfici irregolari (tipiche delle categorie meno elitarie).
L’eziopatogenesi della publagia in letteratura annovera fino a 70 cause. Per sintetizzare e comprendere meglio il quadro generale ritengo che la miglior classificazione sia quella proposta da Omar e colleghi che isolano 37 patologie distifuibili in 10 categorie:
Categoria I: cause viscerali
- Ernia inguinale
- Altri tipi di ernie addominali
- Torsione testicolare
Categoria II: cause associate all’articolazione coxo-femorale
- Lesione del labbro acetabolare ed impingement femoro-acetabolare
- Osteoartrosi
- Anca a scatto e tendinopatia dell’ileopsoas
- Necrosi avascolare
- Sindrome della bandeletta ileotibiale
Categoria III: cause pubico-sinfiseali
- Lesioni del retto addominale
- Disfunzioni dell’unità muscolo-tendinea dei muscoli adduttori
- Lesioni dell’aponeurosi comune del muscolo retto addominale e dell’adduttore lungo
- Osteite pubica
Categoria IV: cause infettive
- Artrite settica
- Osteomielite
Categoria V: patologie infiammatorie pelviche
- Prostatite
- Epididimite ed orchite
- Herpes
Categoria VI: cause infiammatorie
- Endometriosi
- Patologie infiammatorie intestinali
- Patologie infiammatorie pelviche
Categoria VII: cause traumatiche
Clinica
Quindi molte patologie entrano in diagnosi differenziale, creando spesso problemi di inquadramento diagnostico.
Tuttavia, mentre nello sportivo adulto l’errore nella diagnosi e quindi nell’impostazione della terapia, può avere come conseguenza un ritardo nella riammissione alla pratica sportiva, nello sportivo adolescente, un ritardo nella diagnosi o nella applicazione del corretto schema terapeutico, può avere conseguenze ben più gravi, tanto da compromettere l’integrità stessa del soggetto.
Non dobbiamo infatti dimenticare che nel giovane adulto vanno inserite in diagnosi differenziale anche il morbo di Perthes e l’epifisiolisi dell’anca.
Dal punto di vista clinico il sintomo principe è il dolore nella regione pubica. Il deficit funzionale è ovviamente correlato all’intensità della sintomatologia dolorosa che può irradiarsi in basso verso la zona adduttoria, oppure in alto verso l’area addominale, od ancora in direzione del perineo e dei genitali. Da un punto di vista obiettivo il paziente può lamentare dolore alla palpazione, alla contrazione muscolare contrastata e durante lo stretching passivo ed attivo. Occorre quindi basare la diagnosi su test basati sulla contrazione dei vari gruppi muscolari, sullo stretching e sull’esame obiettivo del canale inguinale e della parete addominale in toto.
Imaging
E’ sempre consigliabile effettuare una proiezione radiografica convenzionale. Questo perché come detto sopra vanno escluse le patologie che possono mettere a rischio il corretto sviluppo dell’articolazione coxofemorale, inoltre dalla radiografia si può evincere un eventuale conflitto femoro-acetabolare di tipo CAM-FAI, PINCER-FAI, forma mista, erosioni ossee, dismetria delle branche pubiche, una osteoartosi (possibile anche in soggetti giovani), tumori, fratture da stress (sensibilità Rx convenzionale non elevata) o fratture da avulsione. Se il sospetto è di ernia inguinale l’ecografia rappresenta la scelta d’elezione.
Infine la risonanza magnetica è considerato l’esame gold-standard grazie alla sua capacità di fornire informazione dettagliate concernenti le strutture ossee, tendinee e muscolari
Terapia
Il trattamento conservativo, sebbene in letteratura non vi sia un consensus su come inquadrarlo globalmente, permette di raggiungere la guarigione completa in circa l’80% dei casi’, ed è comunque raccomandato, come prima scelta terapeutica, dalla maggioranza degli Autori. Il trattamento chirurgico dovrebbe essere riservato ai pazienti che non abbiano fatto registrare nessun tipo di miglioramento clinico evidente dopo essere stati sottoposti ad un adeguato trattamento conservativo della durata di almeno 3-6 mesi. Ovviamente il tipo di trattamento varia a seconda della patogenesi della pubalgia.
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