Si può rigenerare la cartilagine? Questa domanda apre uno dei campi più affascinanti dell’ortopedia moderna. Le nanofratture possono essere una soluzione.
Ma andiamo per gradi, leggi di seguito.
Cos’è la cartilagine
La cartilagine è un tessuto fibroso incredibilmente forte e flessibile. Assume molte forme per offrire molteplici scopi in tutto il corpo.
Esistono tre tipi di cartilagine:
- Cartilagine elastica
- Fibrocartilagine
- Cartilagine ialina
Derivata dalla parola greca “Hyali“, che significa “vetro“, la cartilagine ialina è liscia e lucida. È il tipo più comune di cartilagine. Si trova nel naso, nella trachea e nella maggior parte delle articolazioni del corpo.

Cartilagine articolare
In un’articolazione, la cartilagine ialina viene chiamata cartilagine articolare. Questo perché la cartilagine copre le superfici delle ossa dove esse si articolano. Per esempio, nell’articolazione del ginocchio, la parte superiore della tibia, la parte inferiore del femore e la parte posteriore della rotula sono coperte da cartilagine articolare.
Lo spessore della cartilagine articolare varia da un’articolazione all’altra. Nel polso, la cartilagine può avere uno spessore inferiore a 1 millimetro, mentre in alcune zone del ginocchio la cartilagine può avere uno spessore anche di 6 millimetri.
Cosa serve la cartilagine articolare?
Svolge numerose funzioni, le principali sono:
- Rendere il movimento fluido. Essendo estremamente liscia, la cartilagine articolare permette alle ossa di scivolare l’una sull’altra quando un’articolazione si flette, si estende, ruota, etc.
- Assorbimento degli urti. La cartilagine articolare funge da ammortizzatore. Durante un’attività in carico ad esempio, come camminare o fare jogging, la cartilagine articolare funge, insieme ad altre strutture (menischi) da cuscinetto per attutire le forze che si generano.
Inoltre è in grado di immagazzinare il liquido sinoviale, un fluido viscoso e appiccicoso che lubrifica e fa circolare le sostanze nutritive nell’articolazione. Quando l’articolazione è a riposo, il liquido sinoviale è immagazzinato nella cartilagine articolare come l’acqua in una spugna. Quando invece l’articolazione inizia a muoversi o è soggetta a delle forze di carico, il liquido sinoviale viene spremuto all’esterno, contribuendo a mantenere l’articolazione lubrificata e sana
Danni alla cartilagine
Nonostante le sue eccezzionali caratteristiche, la cartilagine si può danneggiare. I problemi possono sorgere a causa di:
- Lesione. Può essere isolata o associata ad altre lesioni come ad esempio quella del crociato anteriore.
- Usura nel tempo (che può portare all’artrosi). Questo si verifica spesso per un malallineamento, ossia un ginocchio varo o valgo.
- Malattie reumatiche, come l’artrite reumatoide.
Quando la cartilagine è danneggiata, le ossa sfregano l’una contro l’altra aumentando l’attrito.
Come fa la cartilagine danneggiata a causare dolore?
La cartilagine non contiene nervi, quindi la cartilagine danneggiata in sé non causa dolore. Tuttavia, l’attrito che si genera tra le ossa e la formazione di altre anomalie (come gli speroni ossei o osteofiti) possono causare dolore ed infiammazione.
La cartilagine danneggiata guarisce mai?
La cartilagine articolare non è vascolarizzata come altri tessuti (es. la cute), non contendendo vasi sanguigni, non guarisce bene da sola. Quando la cartilagine si assottiglia o danneggia, può essere prodotta una quantità limitata di nuova cartilagine, ma le nuove cellule cartilaginee cresceranno in modo irregolare. Il risultato è che le ossa si muovono con un coefficiente di attrito superiore e questo può essere fonte di dolore. La graduale comparsa di rigidità, dolore e gonfiore nell’articolazione può essere un segno di artrosi.
Microfratture e nanofratture
Microfratture, cosa sono?
Le microfratture sono una tecnica chirurgica che prevede di eseguire dei fori nella zona in cui la cartilagine è danneggiata. Questi fori sono fatti generalmente attraverso uno strumento chiamato PIC.
L’idea alla base di questa tecnica è quella di penetrare in profondità nell’osso per permettere al sangue di affiorare dai suoi strati più profondi insieme al midollo. Il midollo osseo contiene alcune cellule staminali, che, affiorando in superficie, cercano di trasformarsi in cellule cartilaginee. Il risultato è la formazione di una sorta di cartilagine non identica alla cartilagine articolare chiamata fibrocartilagine. Essa, nonostante caratteristiche meno performanti della normale cartilagine articolare fornisce comunque una copertura cartilaginea della lesione.
Quindi, in termini semplici, possiamo dire che facendo diversi piccoli buchi nella lesione cartilagine il sangue e le cellule mensenchimali che affiorano si trasformano in fibrocartilagine.
La fibrocartilagine non ha le stesse caratteristiche della cartilagine articolare come madre natura ci ha fatto. Ma riflettiamo un attimo. Tra avere una lesione completamente scoperta e coperta da fibrocartilagine c’è una notevole differenza. Più o meno la stessa che c’è tra dormire su un materasso non proprio di ultima generazione (la cartilagine articolare) e sul pavimento…!
Nanofratture, cosa sono?
Le nanofratture sono l’evoluzione delle microfratture. Con le microfratture lo strumento che usiamo per perforare è di dimensioni maggiori (circa 1,2-1,5 millimetri). Poiché la lesione cartilagine ha una dimensione predefinita, ne consegue che possiamo fare solo un numero X di fori. Diciamo che per un’area di circa un centimetro quadrato saremmo in grado di fare cinque o sei fori al massimo. Inoltre lo stress che uno strumento di quelle dimensioni genera sulle cellule ossee è importante.
Nelle nanofrattur la dimensione del foro è molto più piccola e per la medesima area di lesione, saremo in grado di fare dodici fori. Poiché siamo in grado di fare più fori, più midollo osseo e cellule staminali usciranno dall’osso. Ancora una volta però il risultato è lo stesso: formazione di fibrocartilagine.
Attenzione, se hai letto attentamento potresti avere un dubbio…
Se con le nanofratture facciamo più buchi, perché la loro dimensione è più piccola, avremo comunque esattamente la stessa quantità di cellule staminali e midollo osseo in uscita.
Questa affermazione è assolutamente corretta. Ma c’è ancora una cosa che devi sapere: nelle microfratture lo spazio tra questi buchi è più grande ed è difficile per le cellule fare un coagulo fibroso che possa rimanere fermo ed attaccato alla lesione. Nelle nanofratture invece, avendo molti buchi da dove il sangue e il midollo fuoriescono, ci saranno le condizioni per una tenuta più forte poichè lo spazio tra i diversi “tappi” sarà minore.
Esattamento come quando fissi qualcosa alla parete. Se vuoi attaccare una cornice, un chiodo per angolo può resistere ma se metti cinque chiodi per lato la tenuta sarà maggiore.
Conclusione
Queste due tecniche permettono la formazione di fibrocartilagine. Non siamo ancora alla rigenerazione della cartilagine vera e propria ma è comunque una soluzione per lesioni cartilaginee focali.
Ti lascio con un video di approfondimento, buona visione!